martedì 26 maggio 2009

L'arte ci rende liberi

Domenica, come ho detto anche al caro avventore Omar, è stata giornata di grandi pulizie alla locanda. Per fortuna non ero sola: i miei meravigliosi ospiti hanno deciso di mettersi al lavoro con me per lustrarla in ogni angolo, perfino il più nascosto.
- E’ come se fosse la nostra casa! – hanno detto.
A metà pomeriggio l’opera è giunta agli sgoccioli quasi senza affanno, poiché avevamo il mitico Frank “The Voice” a dilettarci con la sua voce calda e ricca di swing.
E alle parole: “And now, the end is near… / ora la fine è vicina”, con surreale tempismo abbiamo riposto stracci, spugne e spazzoloni e ci siamo rilassati bevendo un buon tè con biscottini al burro. My Way rimbalzava sui muri odorosi di limone e lavanda e io ho pensato che quell’istante di assoluta serenità ERA la PERFETTA FELICITA’, la felicità che noi tutti ci affanniamo a cercare.
E ho pensato a una frase di Doris Mortman: “Fino a quando non ti sarai riappacificata con la vera te stessa, non sarai mai contenta di quanto possiedi”.
Forse la mia felicità deriva da questo: io basto a me stessa.
Ciò che sono mi rende libera dai legacci della materia.
Ho compreso che solo le emozioni, pungolate e rinfocolate dalla struggente bellezza della poesia e della musica possono trasformare l’individuo in creatura di valore.
Il resto è una zavorra di cui disfarsi.

martedì 19 maggio 2009

Lasciate i titoli originali

Sto preparando sandwiches, torte al formaggio e brownies con lemon curd per almeno una ventina di ospiti. Stasera in locanda abbiamo il Club del libro e discuteremo di un romanzo tanto decantato, osannato e assurto alle sfere celesti della narrativa mondiale: La Lettrice Bugiarda di Brunonia Barry.

Dunque, se non avete letto questo romanzo, ma se lo state leggendo o avete intenzione di farlo in futuro, vi consiglio di saltare questo post, perché potrei “rovinarvi la festa”, compromettendo le vostre percezioni, mutando inconsciamente le vostre impressioni.

Tengo a precisare che attribuisco la mia delusione non alla scarsa abilità narrativa dell’autrice -che invece ha messo su una storia originale, ambientata in una località evocatrice di mistero come Salem- quanto alla leggerezza o stupidità di colui che ha voluto tradurre l’originario titolo dell’opera: The Lace Reader, cioè La Lettrice di Pizzo (perché la protagonista Sophya, da tutti chiamata Towner, è capace di leggere gli eventi futuri nel pizzo), ne La Lettrice Bugiarda.

Leggendo quell’attributo, “bugiarda”, sin dal titolo, sono partita prevenuta che qualunque cosa avesse raccontato Towner in prima persona non sarebbe stata la verità, ma solo la sua visione della realtà. Gli indizi, poi, lasciati qua e là dall’autrice per rendere credibile il finale (mettendo in pratica egregiamente una delle regole fondamentali impartite nei corsi di scrittura creativa) mi hanno svelato l’arcano prima che iniziasse la seconda parte del libro.

Nonostante tutto ho proseguito nella lettura sperando di sbagliarmi, ma era esattamente come avevo immaginato.

Ciò, non mi ha impedito comunque di trascorrere delle ore piacevoli in compagnia delle meravigliose figure femminili tratteggiate dall’autrice. In effetti mi sarebbe davvero piaciuto conoscere una donna come Eva (anche la scelta del nome, a mio parere, non è casuale: un po’ la donna per antonomasia… così come Sophya che vuol dire saggezza).

E voi che cosa pensate del romanzo? Mi farebbe piacere sentire anche le vostre impressioni. Di qualunque genere: positive, negative, dubbiose, ma non denigratorie… nessun romanzo, infatti, può diventare un best seller se non vale nulla. Vi aspetto.

sabato 16 maggio 2009

Personaggi stereotipati e mancanza d'umiltà

Un'amica mi ha dato da leggere il suo primo romanzo. E’ venuto a portarmelo qui in locanda in evidente stato di eccitazione.
- Ecco, è finito, leggilo. Ma leggilo senza preconcetti. Devi essere obiettiva.
Lo sono sempre, ho detto a me stessa. E lei lo sa bene.
Ho annuito con un sorriso, aggiungendo:
- Lo leggerò con attenzione.
- Prenditi pure il tempo che vuoi, non preoccuparti.
- Quello che basterà… dai, festeggiamo. Non capita tutti i giorni di concludere un romanzo.
- E’ vero! – mi ha risposto tuffandosi in poltrona.

Questo è successo qualche giorno fa e questa mattina l’ho chiamata per restituirle la copia e comunicarle le mie impressioni.
- Allora… allora che mi dici? L’hai letto tutto?
Nei suoi occhi c’era quella strana luce, che ho già visto numerose volte in altri aspiranti scrittori che mi hanno dato l’onore di leggere in anteprima le loro “creature” per sapere cosa ne pensassi, la luce della consapevolezza di aver scritto il capolavoro del secolo.
Ho tirato un bel respiro, conscia di ciò che mi aspettasse da lì a breve, e ho cominciato a centellinarle il mio responso, nel modo più costruttivo possibile:
- Il romanzo ha un bell’incipit che attira l’attenzione del lettore e lo spinge ad andare avanti nella storia (la mia amica era già diventata tutta rossa dall’emozione). Le metafore usate per le descrizioni del paesaggio e degli stati d’animo non sono banali, anzi, alcune sono davvero sorprendenti (la mia amica ora aveva i lati della bocca a metà guancia). I dialoghi, tutto sommato, sono credibili e la scrittura è corretta sia grammaticalmente che sintatticamente… ma…
- Ma? – ha incalzato subito lei, corrugando la fronte pur mantenendo il sorriso di facciata.
- Ma i personaggi sono stereotipati, prevedibili. Ho immaginato già delle prime battute che la donna del palazzo accanto, bella e sensuale, sarebbe stata una mangiatrice di uomini, che la moglie tradita era una brava mamma e una moglie devota, che il disabile in carrozzina soffriva per amore.
Ma ciò che è prevedibile annoia. E quando uno si annoia, abbandona il campo.
- Vuoi dire che ho scritto un libro noioso?
- No, che hai scritto un libro già letto.

Creare un personaggio è un compito molto delicato. Un personaggio cattivo, non è mai del tutto cattivo e un personaggio buono non può sempre essere buono. Sarebbe irreale.
Ognuno di noi è particolare e anche i personaggi delle nostre storie devono esserlo.
Non siamo cartoni animati, siamo uomini, perciò complessi, contraddittori.
È la particolarità di un personaggio che attrae un lettore, e la complessità che induce il personaggio a fare delle scelte che spingono inevitabilmente la trama in avanti fino all’inaspettato finale.
Personaggio prevedibile → trama prevedibile = finale scontato.
Alla mia amica ho quindi consigliato di “mescolare le carte”: trasformare la sensuale vicina di casa in una donna che sta per entrare in convento; la moglie tradita, buona e virtuosa, in un’arpia intollerabile; il disabile in carrozzina in un giovane appagato dalla sua soddisfacente vita di coppia.

- Le scelte dei personaggi saranno quindi diverse, la trama prenderà un’altra strada e il finale potrà sorprenderci!- così le ho detto.
- Ma così dovrei riscrivere tutto da capo!
- Non tutto, ma l’80% sì.

Lei si è alzata, ha finto di essermi grata per averle dato dei consigli e mi ha detto che ci avrebbe pensato su.

So già che non toccherà più il suo romanzo. Non proverà neppure a farne una piccola revisione.
Ma l’umiltà nell’accettare le critiche e l’impegno nella riscrittura sono le qualità che contraddistinguono uno scrittore mediocre da un bravo scrittore.

Io non voglio dimenticarlo mai.

domenica 10 maggio 2009

Serata speciale alla locanda

Ero convinta che avrei trascorso una tranquilla serata in compagnia del fedele BonTon e invece, ieri sera, mi sono ritrovata alla porta un gruppo di nove avventori che, pur non conoscendosi, erano giunti alla meta pressapoco nello stesso momento.
Sono sempre euforica quando ho gente alla locanda, soprattutto quando mi sembra ben disposta a conversare, confrontarsi, rilassarsi.
La brigata di lettori, infatti, ha subito rallegrato l'atmosfera con un chiacchiericcio squillante e contagioso.
- Prendete pure posto, signori miei, e sarete rifocillati nel corpo e nello spirito.
-Proprio quello che ci voleva! - ha esclamato un signore panciuto, dall'accento nettamente scozzese.
E così, tra assaggi di formaggi con gelatina di vino cotto e una torta salata con prosciutto e spinaci, abbiamo iniziato ad inventare delle storie.
L'autore della storia più originale o appassionante sarebbe stato premiato con un romanzo a scelta, tra quelli disponibili in locanda.
Ho dato un incipit e ho lasciato che le parole vibrassero nell'aria per pungolare la loro immaginazione.
E ciò che è venuto fuori è stato illuminante e sorprendente.
Se, infatti, lasciamo alle nostre emozioni di fluire senza reticenze, paure di sbagliare o di non essere all'altezza, siamo in grado di dar vita a trame interessanti... da aggiustare qua e là, certo, ma comunque interessanti.
Perciò, così come a loro, anche a voi lancio una sfida: partite dall'incipit che vi scriverò qui sotto, continuate la storia come meglio credete e concludetela.
La storia dev'essere lunga, però, solo 10 righe, per un totale di 600-650 battute.
Avete voglia di mettervi in gioco? Inserite la vostra storia, cliccando su "Commenti".
Poi, penserò io ad inserirle tutte in un post molto, molto speciale. Vi aspetto.
INCIPIT: "Si rigirò quella strana chiave tra le dita. Era sicura di non averla mai vista prima. Sentì dei passi dietro alla porta socchiusa e la affondò prontamente nel vaso dei nontiscordardimé...".

venerdì 8 maggio 2009

Il decalogo dello scrittore

Il sole continua a uscire allo scoperto in questi ultimi giorni e io ho spalancato la porta della locanda per lasciarlo entrare.
Ieri c'è stato un unico avventore a farmi visita: capelli biondi, occhi verdi, occhiali alla Harry Potter.
- Salve! - gli ho detto.
-Che bello! Finalmente ho trovato la locanda in mezzo alla brughiera! Sapesse da quanti anni la stavo cercando!
- Beh... come diceva Lucrezio: "La goccia scava la pietra". Ma dimmi, qual è la molla che ti ha portato fin qui?
- Forse la mia smania di scrivere, di trovare la chiave per raggiungere l'immortalità che solo i libri possono dare.
- Pensi che io abbia quella chiave?
- Non lo so, ma forse può darmi qualche consiglio.
Allora gli ho elencato il mio DECALOGO DELLO SCRITTORE:

1) Senti profondamente le cose e il mondo
2) Leggi. Sempre e qualunque genere
3) Studia la grammatica e la sintassi
4) Sviluppa un'idea, strutturando una trama completa
5) Scrivi, scrivi, scrivi
6) Abbi costanza e disciplina
7) Abbi umiltà
8) Riscrivi e revisiona infinite volte
9) Accetta ogni critica costruttiva
10) Credi nella tua "creatura" e lasciala andare.

- Tutto qua? - mi ha detto un po' deluso.
- E ti sembra poco?

Mi ha fatto ripetere i "comandamenti" e dopo li ha trascritti su un moleskine (che fa molto Chatwin).
Poi ha aggiunto:
- Mi sa che ha proprio ragione... io le critiche non le ho mai accettate.
- Sei in buona compagnia, allora.

Siamo rimasti a conversare ancora per qualche ora, poi, col sorriso stampato in faccia, l'ho visto scomparire nel bosco dal quale era apparso.
Le ultime sue parole sono state:
- Arrivederci Sonia. Diventerò immortale!

Lo siamo tutti, in un modo o nell'altro, ho pensato io con un sorriso.

domenica 3 maggio 2009

Come strutturare una storia

Non si è visto nessuno in locanda ieri, così ne ho approfittato per scrivere il mio secondo romanzo, sbocconcellando dei sandwich al formaggio e prosciutto, mentre una pioggerellina fitta, ma impalpabile, avvolgeva la locanda. Verso sera mi sono avvolta in un pile a quadri scozzesi e mi sono rilassata al calore e chiarore della legna, scoppiettante nel camino.
BonTon mi guardava deliziato mentre sgranocchiava il suo osso al fluoro. Al mio risveglio… un sole rigenerante trapassava i vetri delle finestre con tale impeto da lasciarmi senza fiato.
– Non è possibile! – mi sono detta.
Sono uscita avvolta ancora nel pile e ho saltellato intorno alla locanda, seguita dall’abbaio gioioso di BonTon.
Ho lanciato il pile sull’erba e mi ci sono buttata sopra, come fossi a prendere il sole in riva al mare.
Non so quanto tempo ci sono rimasta, so solo che all’improvviso mi sono ritrovata circondata da una combriccola di sei donne rotondette e sorridenti.
- È lei Sonia, la signora della locanda?
- Sì, signore mie, in persona.
- Ci scusi se l’abbiamo disturbata.
- Nient’affatto, volete unirvi a me? Prendo delle altre coperte!
- Che bella idea! – ha risposto la signora dai capelli rossi arruffati.
- Sì, non capita tutti i giorni di trovare il sole in brughiera!
Ho scaldato dei croissant e ho chiesto dalla finestrella sul lato sinistro della locanda:
- Cosa vi porto da bere? Caffè, cioccolata calda, tè, succo di frutta…
Inutile dire che cinque di loro hanno optato per la cioccolata prima ancora che io finissi di elencare le varie possibilità.
Poi ci siamo sistemate tutte sopra le coperte, facendo conoscenza.
- Così, lei è una scrittrice? – mi ha detto una signora dai capelli raccolti in una crocchia.
- Sì, lo sono, ma sono anche una lettrice… a tempo pieno, direi. E voi?
- Anch’io vorrei essere una scrittrice…- ha sospirato una delle tre signore dai capelli biondi.
- Perché dice solo.. vorrei?
- Beh… perché non ho mai portato a termine un libro. Scrivo qualche capitolo e poi non riesco ad andare avanti… mi succede sempre. Mi può dare qualche consiglio?
Alla simpatica G. ho chiesto se avesse un’idea molto chiara della storia e lei mi ha risposto che no, non ce l’aveva. Le sarebbe piaciuto scrivere una storia d’amore, ma non sapeva come continuare.
Ebbene, per scrivere un racconto, un romanzo, una sceneggiatura… qualunque cosa voi abbiate in mente, si parte sicuramente da un’IDEA, da un GUIZZO, come dico io, che va però sviluppato, e sviluppato in modo coerente. Altrimenti si cade nella trappola della famosa “pagina bianca”, dove si resta immobili per un tempo indefinito, e a volte infinito, senza ricavarci nulla.
Anzi, sovente accade che molliamo tutto, dicendo che non abbiamo sufficiente ISPIRAZIONE.
Che bella parola… peccato che serva solo a tratti e solo dopo aver già STRUTTURATO bene la nostra storia.

- In che senso: strutturato? - mi ha chiesto allora la signora G.
Nel senso che deve esserci già una trama completa prima di inizare a scrivere: un prologo - una sorta di preparazione alla storia -, un evento importante che porti avanti la storia e attragga l’attenzione del futuro lettore, una parte centrale in cui ai personaggi accade qualcosa che li porti a fare delle scelte e l’epilogo – vale a dire il finale, in cui i personaggi cambiano in qualche modo, nel bene o nel male, o il mondo attorno a loro cambia.

Questo in breve. Poi le ho consigliato un saggio per me illuminante: “Il Viaggio dell’Eroe” di Christopher Vogler.
La signora G., con gli occhi sgranati per l'eccitazione, mi ha detto che l’avrebbe acquistato subito e si sarebbe buttata a capofitto nella lettura.
Anche a voi consiglio caldamente di leggerlo e soprattutto di “metterlo in pratica”.
Un assaggio dei suoi contenuti potete trovarlo su:
http://it.wikipedia.org/wiki/Christopher_Vogler .

Scrittori si nasce e si diventa. Tenetelo sempre bene a mente.