mercoledì 29 aprile 2009

Perché troviamo i romanzi più belli dei film da loro tratti?

Questo mi ha chiesto a bruciapelo una sedicenne giunta in locanda ieri sera dopo cena, mentre io, le signore M. e D., il signor A. - pensionato di “vecchio corso”- e BonTon - Jack Russel avvezzo alle buone maniere – ci stavamo scaldando al fuoco del camino sorseggiando un buon cherry (in verità centellinato dalle signore, ma ingollato dal rubicondo A., che ha mollato solo per un secondo la sua pipa).
- Buonasera a tutti!- dice la ragazzina coi capelli incollati al viso.
- Buonasera! – rispondiamo in coro.
- Benvenuta alla locanda. – faccio io. - Dai, vieni ad asciugarti qui vicino. Quando vien giù che Dio la manda, avere un camino è una fortuna.
La sedicenne dice di chiamarsi Morgana, ma poi ride e aggiunge:
- Non è vero.
Io le offro gli scones sfornati nel pomeriggio e le preparo un tè all’arancia.
Così, sarà il tepore infuso dal liquore alla ciliegia, sarà il buio che avvolge la locanda, sarà il sibilo del vento che passa attraverso gli infissi, ma finiamo a parlare della brughiera che ci circonda.
- Molti romanzi famosi sono ambientati nella brughiera. - dice D., e M., di rimando:
- Il giardino segreto. Chi non lo conosce?-
- Giusto BonTon.- interviene il signor A.
- Chi è che l’ha scritto, che non me lo ricordo più? – dice la signora M.
- Una certa Frances Hodgson Burnett. – dico io.
- Ma quella che ha scritto anche Il Piccolo Lord?
- Proprio lei.
Ed è in quel momento che Morgana fa la sua domanda a bruciapelo:
- Perché troviamo i romanzi più belli dei film tratti da loro?

Già… perché?
A Morgana e alla piccola combriccola, incluso BonTon, ho spiegato che le motivazioni possono essere molteplici.
Può essere che il regista non si sia attenuto alla trama in modo pedissequo (come spesso accade…), che non abbia colto lo spirito della storia, “the unsaid” cioè il non detto che sottende ogni vicenda, ogni dialogo dei personaggi.
Può essere che gli attori siano mediocri a tal punto da studiare solo la sceneggiatura, tralasciando il romanzo da cui è scaturito, o che, presi da manie di grandezze, stravolgano deliberatamente l’essenza del romanzo e lo spirito dell’autore per sentirsi ARTISTI. Ciò è applicabile, naturalmente, anche ai registi.

Ma c’è una ragione più profonda che ci fa amare i romanzi a scapito dei lungometraggi: quando apriamo un libro, già dalle prime righe, il nostro corpo non esiste più. Diventiamo creature invisibili per scivolare in un mondo che sappiamo irreale, ma assolutamente coinvolgente. Non a caso in letteratura si parla di “sospensione dell’incredulità”.
Se così non fosse, come spiegheremmo il pianto a dirotto che ci sfianca dopo aver letto l’ennesimo lieto fine mancato?
I personaggi amano, odiano, tradiscono, pregano, imprecano e noi amiamo, odiamo, tradiamo, preghiamo e imprechiamo con loro. Anche se la vicenda è impossibile, anche se noi mai avremmo fatto le loro scelte.
Ma c’è anche un’altra ragione, a questa intimamente connessa: per quanto uno scrittore possa descrivere in modo maniacale i suoi personaggi e i paesaggi in cui si muovono, noi riusciremo sempre a immaginarli un po’ diversi, attingendo alle nostre esperienze, ai nostri ricordi, alle nostre sensazioni. Sensazioni e fisicità, quindi, che nessun regista o attore potrà mai rievocare nella sua interezza.

- E c’è una ricetta per non restare delusi? – ha chiesto alla fine Morgana.
- Sì, vedere prima il film e poi leggere il libro. Così sarà il romanzo ad annoiarci a morte.

Non si scappa.

martedì 28 aprile 2009

Uno spazio senza tempo per raccontare e raccontarci

La teiera in porcellana fa bella mostra di sé sulla tovaglia immacolata. La signora M. e sua cognata D. si guardano intorno con lo stupore di due bimbe alla vista dei doni la mattina di Natale.
- Dunque, è questa la locanda in mezzo alla brughiera. – dice M.
- Proprio così. – le rispondo, mettendo loro sotto il naso una decina di scones appena sfornati.
- Pensavamo fosse solo una leggenda… una trovata da agenzia turistiche.- aggiunge D. gorgogliando una risatina soddisfatta.
- Molti pensano che lo sia, fino a quando non la raggiungono. E se voi ci siete arrivate, vuol dire che avete fatto il percorso giusto. Ma, prego, versatevi pure del tè… non volete che si raffreddi, vero?
- Oh, no di certo! – risponde entusiasta M. che addenta subito uno scone con pezzetti di cioccolato.

Ecco, questa è la locanda, e questo è il genere di avventori che quasi ogni giorno viene a farmi visita. Sì, perché giungere alla mia locanda non è semplice. Non la troverete in nessuna mappa, in nessuna guida stradale. Neppure il navigatore satellitare potrà dirvi dov’è.
Quando nel vostro percorso raggiungerete purezza di cuore, leggerezza di spirito e vastità di vedute, allora, e solo allora, ve la ritroverete davanti. E io vi accoglierò con un buon tè, un caffè o una cioccolata calda. Insieme potremo parlare di tutto, ma soprattutto di storie… quelle che vi appassionano o vi hanno appassionato da sempre, impresse sulla carta o custodite nei ricordi pronte ad esser narrate.
E ci scambieremo opinioni, idee, consigli di scrittura e di lettura.

Qui il tempo si ferma. In mezzo alla brughiera riassaporerete la vita.