La revisione: i veri scrittori la fanno
Ognuno di noi ha un approccio diverso alla scrittura.
C'è chi centellina ogni parola e butta giù un paragrafo in due ore e chi, lasciandosi travolgere dall'impeto creativo, produce trenta pagine in mezz'ora.
Ci sono alcuni che scrivono bene circondati dal disordine, dal rumore, e altri che non riescono ad andare avanti se non si trovano in un luogo confortevole, ordinato e silenzioso.
In verità, non c'è un modo giusto o sbagliato per mettersi a scrivere, così come non conta quale sia il momento migliore della giornata per farlo: prime ore del mattino, ora di pranzo, tardo pomeriggio, notte fonda.
La cosa migliore sarebbe quella di mediare le diverse componenti ma, se proprio non ci riuscite, è opportuno che ascoltiate almeno questo consiglio.
Non siate meticolosi nella scelta delle parole giuste e non rileggete continuamente ciò che avete scritto un istante prima.
Perché?
Perché siete nella PRIMA STESURA, e a questa seguirà una seconda, una terza, una quarta e una quinta se non sarete soddisfatti. Aldo Busi ne ha fatte addirittura quattordici del suo primo romanzo Seminario sulla gioventù!
Quindi, non perdete tempo. Scrivete e basta.
Un libro deve essere coerente nel complesso delle sue pagine, non nel singolo paragrafo!
La visione d'insieme è fondamentale per la buona riuscita di una storia, e se il libro non è terminato non possiamo coglierla.
Uno scrittore che lavora seriamente lo sa e assume due identità contrapposte. Nella prima stesura è un cavallo che galoppa libero nella prateria, si lascia andare completamente, scrive buttando giù tutti i particolari che gli saltano in testa, tutte le metafore e le similitudini possibili, senza vergogna o pudori di sorta.
Nella seconda è un censore scrupolosissimo che taglia senza pietà tutto ciò che è banale, ridondante, incoerente, fuorviante, inappropriato, e manipola, corregge, amplia e riscrive laddove occorre. Insomma, è un baio imbrigliato che va al trotto seguendo percorsi obbligati.
La revisione può sembrarvi un lavoro pesante e noioso e, ad essere sinceri, in alcuni casi lo è, ma può essere anche molto divertente e stimolante.
Avete davanti la vostra “creatura”, l'avete partorita voi dopo mesi di estenuante lavoro fatto di frustrazione, esaltazione, rabbia, gioia, isolamento e altre mille emozioni contrastanti. Ve la rigirate tra le mani pensando che il grosso sia già stato fatto. E avete ragione. Perciò, non scoraggiatevi e rimettetevi al lavoro con entusiasmo.
Alcuni obietteranno che è quasi impossibile revisionare il proprio manoscritto appena terminato.
Sì, è verissimo. Vi risulta talmente familiare che non riuscite a rimaneggiarla. Occorrono dei giorni, in alcuni casi delle settimane, per mantenere il necessario distacco dall'opera.
Cosa si può fare, allora?
Se lavorate al computer, stampate ciò che avete scritto e, con un pennarello tra le dita, cominciate a segnare i passaggi che suonano male o che vi annoiano.
Oppure, se avete amici che siano pazienti lettori e anche abili editor, potreste affidare al loro giudizio la vostra “creatura”. In questo caso, non rifiutate a priori ogni giudizio negativo, né accettate di buon grado qualunque tipo di correzione perché persino gli editor professionisti possono sbagliare. Se, ad esempio, la vostra prosa voleva essere rabbiosa e sconnessa per ragioni intrinseche alla storia e ai personaggi, le modifiche di un editor potrebbero snaturarla.
Procediamo.
Date un'occhiata al numero dei vostri personaggi e chiedetevi se sono sufficienti per raccontare la vostra storia o se sia il caso di eliminarne qualcuno per non generare confusione nel lettore.
Sono poco caratterizzati?
Sono stereotipati?
Sono sufficientemente motivati a raggiungere degli scopi?
Per ciò che riguarda la trama l'incipit è fondamentale. La maggior parte dei libri che restano invenduti sugli scaffali hanno un inizio fiacco, dallo scarso potere immaginifico. Per quanto mi riguarda, le descrizioni iper-dettagliate dei paesaggi hanno un notevole effetto soporifero sulla psiche. Evitatele. Cercate di iniziare con qualcosa che evochi già il fulcro della storia, che metta già a fuoco un personaggio.
Ognuno di noi ha un approccio diverso alla scrittura.
C'è chi centellina ogni parola e butta giù un paragrafo in due ore e chi, lasciandosi travolgere dall'impeto creativo, produce trenta pagine in mezz'ora.
Ci sono alcuni che scrivono bene circondati dal disordine, dal rumore, e altri che non riescono ad andare avanti se non si trovano in un luogo confortevole, ordinato e silenzioso.
In verità, non c'è un modo giusto o sbagliato per mettersi a scrivere, così come non conta quale sia il momento migliore della giornata per farlo: prime ore del mattino, ora di pranzo, tardo pomeriggio, notte fonda.
La cosa migliore sarebbe quella di mediare le diverse componenti ma, se proprio non ci riuscite, è opportuno che ascoltiate almeno questo consiglio.
Non siate meticolosi nella scelta delle parole giuste e non rileggete continuamente ciò che avete scritto un istante prima.
Perché?
Perché siete nella PRIMA STESURA, e a questa seguirà una seconda, una terza, una quarta e una quinta se non sarete soddisfatti. Aldo Busi ne ha fatte addirittura quattordici del suo primo romanzo Seminario sulla gioventù!
Quindi, non perdete tempo. Scrivete e basta.
Un libro deve essere coerente nel complesso delle sue pagine, non nel singolo paragrafo!
La visione d'insieme è fondamentale per la buona riuscita di una storia, e se il libro non è terminato non possiamo coglierla.
Uno scrittore che lavora seriamente lo sa e assume due identità contrapposte. Nella prima stesura è un cavallo che galoppa libero nella prateria, si lascia andare completamente, scrive buttando giù tutti i particolari che gli saltano in testa, tutte le metafore e le similitudini possibili, senza vergogna o pudori di sorta.
Nella seconda è un censore scrupolosissimo che taglia senza pietà tutto ciò che è banale, ridondante, incoerente, fuorviante, inappropriato, e manipola, corregge, amplia e riscrive laddove occorre. Insomma, è un baio imbrigliato che va al trotto seguendo percorsi obbligati.
La revisione può sembrarvi un lavoro pesante e noioso e, ad essere sinceri, in alcuni casi lo è, ma può essere anche molto divertente e stimolante.
Avete davanti la vostra “creatura”, l'avete partorita voi dopo mesi di estenuante lavoro fatto di frustrazione, esaltazione, rabbia, gioia, isolamento e altre mille emozioni contrastanti. Ve la rigirate tra le mani pensando che il grosso sia già stato fatto. E avete ragione. Perciò, non scoraggiatevi e rimettetevi al lavoro con entusiasmo.
Alcuni obietteranno che è quasi impossibile revisionare il proprio manoscritto appena terminato.
Sì, è verissimo. Vi risulta talmente familiare che non riuscite a rimaneggiarla. Occorrono dei giorni, in alcuni casi delle settimane, per mantenere il necessario distacco dall'opera.
Cosa si può fare, allora?
Se lavorate al computer, stampate ciò che avete scritto e, con un pennarello tra le dita, cominciate a segnare i passaggi che suonano male o che vi annoiano.
Oppure, se avete amici che siano pazienti lettori e anche abili editor, potreste affidare al loro giudizio la vostra “creatura”. In questo caso, non rifiutate a priori ogni giudizio negativo, né accettate di buon grado qualunque tipo di correzione perché persino gli editor professionisti possono sbagliare. Se, ad esempio, la vostra prosa voleva essere rabbiosa e sconnessa per ragioni intrinseche alla storia e ai personaggi, le modifiche di un editor potrebbero snaturarla.
Procediamo.
Date un'occhiata al numero dei vostri personaggi e chiedetevi se sono sufficienti per raccontare la vostra storia o se sia il caso di eliminarne qualcuno per non generare confusione nel lettore.
Sono poco caratterizzati?
Sono stereotipati?
Sono sufficientemente motivati a raggiungere degli scopi?
Per ciò che riguarda la trama l'incipit è fondamentale. La maggior parte dei libri che restano invenduti sugli scaffali hanno un inizio fiacco, dallo scarso potere immaginifico. Per quanto mi riguarda, le descrizioni iper-dettagliate dei paesaggi hanno un notevole effetto soporifero sulla psiche. Evitatele. Cercate di iniziare con qualcosa che evochi già il fulcro della storia, che metta già a fuoco un personaggio.
Nella parte centrale avete messo in pratica i consigli de Il viaggio dell'Eroe?
L'evento o gli eventi portano con gradualità al climax?
L'epilogo è terribilmente scontato? Oppure è tanto imprevedibile da risultare inverosimile?
Il finale perfetto – difficilissimo – dovrebbe essere, come dice Peter Selgin, “sorprendente e inevitabile”. Deve contenere la meraviglia, ma al tempo stesso risultare l'unica conclusione possibile per gli eventi accaduti precedentemente.
Il punto di vista è da tenere sotto controllo. L'avete rispettato?
Pensate che cambiandolo la storia potrebbe benficiarne?
Vorreste alternare diversi punti di vista?
Pensateci bene e procedete nella revisione.
Nelle descrizioni ricordatevi di evocare nel lettore i cinque sensi.
Bandite da esse l'astratto e il generale: siate attenti al concreto e al particolare.
Nel dialogo siate concisi. Le lungaggini e i “comizi elettorali” non sono ammessi.
Per appurare che un dialogo funzioni occorre che sia letterario ma recitabile, perciò, leggetelo ad alta voce.
Curate il sottotesto di un dialogo.
Se siete abbastanza bravi, lasciate anche che i personaggi cadano in contraddizione mentre discutono. Nella realtà succede sempre, non è vero?
Alternate i dialoghi alla narrazione.
Fate un buon uso dei flashback. Se abusate di questo strumento finirete per confondere il lettore irrimediabilmente. Che siano brevi, quindi, e limitati a singoli periodi.
Curate l'ambientazione. È necessario trasportare il lettore nel tempo e nello spazio delle storie. Una storia di maldicenze che porta a drammatiche conseguenze non avrebbe alcun impatto emotivo se fosse ambientata in una metropoli come Milano. Non vi pare?
Usate l'ambientazione anche come metafora di uno stato d'animo. Campi fioriti e sole splendente si adatteranno a romanzi sull'infanzia felice, mentre piogge battenti e venti impetuosi potranno essere lo sfondo ideale per un thriller.
Tornando alla prima soluzione, potete revisionare la vostra storia cominciando dai dialoghi per finire alla narrazione vera e propria, oppure lavorare alla totalità della storia, tagliando i brani che non vi convincono affatto e riscrivendoli completamente. Perché? Perché le espressioni vecchie bloccano il nuovo flusso creativo.
Molti scrittori, addirittura, salvano solo pochi paragrafi e riscrivono l'intera opera.
Ah! La grande Virginia Woolf conservava ogni stesura delle sue opere: fatelo anche voi! Ognuna contiene in sé dei tesori creativi che potrebbero illuminarvi tardivamente.
L'evento o gli eventi portano con gradualità al climax?
L'epilogo è terribilmente scontato? Oppure è tanto imprevedibile da risultare inverosimile?
Il finale perfetto – difficilissimo – dovrebbe essere, come dice Peter Selgin, “sorprendente e inevitabile”. Deve contenere la meraviglia, ma al tempo stesso risultare l'unica conclusione possibile per gli eventi accaduti precedentemente.
Il punto di vista è da tenere sotto controllo. L'avete rispettato?
Pensate che cambiandolo la storia potrebbe benficiarne?
Vorreste alternare diversi punti di vista?
Pensateci bene e procedete nella revisione.
Nelle descrizioni ricordatevi di evocare nel lettore i cinque sensi.
Bandite da esse l'astratto e il generale: siate attenti al concreto e al particolare.
Nel dialogo siate concisi. Le lungaggini e i “comizi elettorali” non sono ammessi.
Per appurare che un dialogo funzioni occorre che sia letterario ma recitabile, perciò, leggetelo ad alta voce.
Curate il sottotesto di un dialogo.
Se siete abbastanza bravi, lasciate anche che i personaggi cadano in contraddizione mentre discutono. Nella realtà succede sempre, non è vero?
Alternate i dialoghi alla narrazione.
Fate un buon uso dei flashback. Se abusate di questo strumento finirete per confondere il lettore irrimediabilmente. Che siano brevi, quindi, e limitati a singoli periodi.
Curate l'ambientazione. È necessario trasportare il lettore nel tempo e nello spazio delle storie. Una storia di maldicenze che porta a drammatiche conseguenze non avrebbe alcun impatto emotivo se fosse ambientata in una metropoli come Milano. Non vi pare?
Usate l'ambientazione anche come metafora di uno stato d'animo. Campi fioriti e sole splendente si adatteranno a romanzi sull'infanzia felice, mentre piogge battenti e venti impetuosi potranno essere lo sfondo ideale per un thriller.
Tornando alla prima soluzione, potete revisionare la vostra storia cominciando dai dialoghi per finire alla narrazione vera e propria, oppure lavorare alla totalità della storia, tagliando i brani che non vi convincono affatto e riscrivendoli completamente. Perché? Perché le espressioni vecchie bloccano il nuovo flusso creativo.
Molti scrittori, addirittura, salvano solo pochi paragrafi e riscrivono l'intera opera.
Ah! La grande Virginia Woolf conservava ogni stesura delle sue opere: fatelo anche voi! Ognuna contiene in sé dei tesori creativi che potrebbero illuminarvi tardivamente.
3 commenti:
Ciao Sonia Ognibene, grazie per i post utilissimi!
Sto cercando di scrivere un libro, ma le idee sono mille ed è difficile riordinarle. Avere sempre sotto gli occhi i punti da seguire e verificare aiuta davvero molto.
Complimenti per il blog :)
Grazie infinite. Sei davvero gentile.
Purtroppo non posso dilungarmi.
E' accaduta una cosa molto grave in famiglia e non riesco a dirti altro.
Un abbraccio.Sonia.
Mi dispiace molto, grazie comunque per aver risposto.
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