Questo mi ha chiesto a bruciapelo una sedicenne giunta in locanda ieri sera dopo cena, mentre io, le signore M. e D., il signor A. - pensionato di “vecchio corso”- e BonTon - Jack Russel avvezzo alle buone maniere – ci stavamo scaldando al fuoco del camino sorseggiando un buon cherry (in verità centellinato dalle signore, ma ingollato dal rubicondo A., che ha mollato solo per un secondo la sua pipa).
- Buonasera a tutti!- dice la ragazzina coi capelli incollati al viso.
- Buonasera! – rispondiamo in coro.
- Benvenuta alla locanda. – faccio io. - Dai, vieni ad asciugarti qui vicino. Quando vien giù che Dio la manda, avere un camino è una fortuna.
La sedicenne dice di chiamarsi Morgana, ma poi ride e aggiunge:
- Non è vero.
Io le offro gli scones sfornati nel pomeriggio e le preparo un tè all’arancia.
Così, sarà il tepore infuso dal liquore alla ciliegia, sarà il buio che avvolge la locanda, sarà il sibilo del vento che passa attraverso gli infissi, ma finiamo a parlare della brughiera che ci circonda.
- Molti romanzi famosi sono ambientati nella brughiera. - dice D., e M., di rimando:
- Il giardino segreto. Chi non lo conosce?-
- Giusto BonTon.- interviene il signor A.
- Chi è che l’ha scritto, che non me lo ricordo più? – dice la signora M.
- Una certa Frances Hodgson Burnett. – dico io.
- Ma quella che ha scritto anche Il Piccolo Lord?
- Proprio lei.
Ed è in quel momento che Morgana fa la sua domanda a bruciapelo:
- Perché troviamo i romanzi più belli dei film tratti da loro?
Già… perché?
A Morgana e alla piccola combriccola, incluso BonTon, ho spiegato che le motivazioni possono essere molteplici.
Può essere che il regista non si sia attenuto alla trama in modo pedissequo (come spesso accade…), che non abbia colto lo spirito della storia, “the unsaid” cioè il non detto che sottende ogni vicenda, ogni dialogo dei personaggi.
Può essere che gli attori siano mediocri a tal punto da studiare solo la sceneggiatura, tralasciando il romanzo da cui è scaturito, o che, presi da manie di grandezze, stravolgano deliberatamente l’essenza del romanzo e lo spirito dell’autore per sentirsi ARTISTI. Ciò è applicabile, naturalmente, anche ai registi.
Ma c’è una ragione più profonda che ci fa amare i romanzi a scapito dei lungometraggi: quando apriamo un libro, già dalle prime righe, il nostro corpo non esiste più. Diventiamo creature invisibili per scivolare in un mondo che sappiamo irreale, ma assolutamente coinvolgente. Non a caso in letteratura si parla di “sospensione dell’incredulità”.
Se così non fosse, come spiegheremmo il pianto a dirotto che ci sfianca dopo aver letto l’ennesimo lieto fine mancato?
I personaggi amano, odiano, tradiscono, pregano, imprecano e noi amiamo, odiamo, tradiamo, preghiamo e imprechiamo con loro. Anche se la vicenda è impossibile, anche se noi mai avremmo fatto le loro scelte.
Ma c’è anche un’altra ragione, a questa intimamente connessa: per quanto uno scrittore possa descrivere in modo maniacale i suoi personaggi e i paesaggi in cui si muovono, noi riusciremo sempre a immaginarli un po’ diversi, attingendo alle nostre esperienze, ai nostri ricordi, alle nostre sensazioni. Sensazioni e fisicità, quindi, che nessun regista o attore potrà mai rievocare nella sua interezza.
- E c’è una ricetta per non restare delusi? – ha chiesto alla fine Morgana.
- Sì, vedere prima il film e poi leggere il libro. Così sarà il romanzo ad annoiarci a morte.
Non si scappa.
- Buonasera a tutti!- dice la ragazzina coi capelli incollati al viso.
- Buonasera! – rispondiamo in coro.
- Benvenuta alla locanda. – faccio io. - Dai, vieni ad asciugarti qui vicino. Quando vien giù che Dio la manda, avere un camino è una fortuna.
La sedicenne dice di chiamarsi Morgana, ma poi ride e aggiunge:
- Non è vero.
Io le offro gli scones sfornati nel pomeriggio e le preparo un tè all’arancia.
Così, sarà il tepore infuso dal liquore alla ciliegia, sarà il buio che avvolge la locanda, sarà il sibilo del vento che passa attraverso gli infissi, ma finiamo a parlare della brughiera che ci circonda.
- Molti romanzi famosi sono ambientati nella brughiera. - dice D., e M., di rimando:
- Il giardino segreto. Chi non lo conosce?-
- Giusto BonTon.- interviene il signor A.
- Chi è che l’ha scritto, che non me lo ricordo più? – dice la signora M.
- Una certa Frances Hodgson Burnett. – dico io.
- Ma quella che ha scritto anche Il Piccolo Lord?
- Proprio lei.
Ed è in quel momento che Morgana fa la sua domanda a bruciapelo:
- Perché troviamo i romanzi più belli dei film tratti da loro?
Già… perché?
A Morgana e alla piccola combriccola, incluso BonTon, ho spiegato che le motivazioni possono essere molteplici.
Può essere che il regista non si sia attenuto alla trama in modo pedissequo (come spesso accade…), che non abbia colto lo spirito della storia, “the unsaid” cioè il non detto che sottende ogni vicenda, ogni dialogo dei personaggi.
Può essere che gli attori siano mediocri a tal punto da studiare solo la sceneggiatura, tralasciando il romanzo da cui è scaturito, o che, presi da manie di grandezze, stravolgano deliberatamente l’essenza del romanzo e lo spirito dell’autore per sentirsi ARTISTI. Ciò è applicabile, naturalmente, anche ai registi.
Ma c’è una ragione più profonda che ci fa amare i romanzi a scapito dei lungometraggi: quando apriamo un libro, già dalle prime righe, il nostro corpo non esiste più. Diventiamo creature invisibili per scivolare in un mondo che sappiamo irreale, ma assolutamente coinvolgente. Non a caso in letteratura si parla di “sospensione dell’incredulità”.
Se così non fosse, come spiegheremmo il pianto a dirotto che ci sfianca dopo aver letto l’ennesimo lieto fine mancato?
I personaggi amano, odiano, tradiscono, pregano, imprecano e noi amiamo, odiamo, tradiamo, preghiamo e imprechiamo con loro. Anche se la vicenda è impossibile, anche se noi mai avremmo fatto le loro scelte.
Ma c’è anche un’altra ragione, a questa intimamente connessa: per quanto uno scrittore possa descrivere in modo maniacale i suoi personaggi e i paesaggi in cui si muovono, noi riusciremo sempre a immaginarli un po’ diversi, attingendo alle nostre esperienze, ai nostri ricordi, alle nostre sensazioni. Sensazioni e fisicità, quindi, che nessun regista o attore potrà mai rievocare nella sua interezza.
- E c’è una ricetta per non restare delusi? – ha chiesto alla fine Morgana.
- Sì, vedere prima il film e poi leggere il libro. Così sarà il romanzo ad annoiarci a morte.
Non si scappa.