Un'amica mi ha dato da leggere il suo primo romanzo. E’ venuto a portarmelo qui in locanda in evidente stato di eccitazione.
- Ecco, è finito, leggilo. Ma leggilo senza preconcetti. Devi essere obiettiva.
Lo sono sempre, ho detto a me stessa. E lei lo sa bene.
Ho annuito con un sorriso, aggiungendo:
- Lo leggerò con attenzione.
- Prenditi pure il tempo che vuoi, non preoccuparti.
- Quello che basterà… dai, festeggiamo. Non capita tutti i giorni di concludere un romanzo.
- E’ vero! – mi ha risposto tuffandosi in poltrona.
Questo è successo qualche giorno fa e questa mattina l’ho chiamata per restituirle la copia e comunicarle le mie impressioni.
- Allora… allora che mi dici? L’hai letto tutto?
Nei suoi occhi c’era quella strana luce, che ho già visto numerose volte in altri aspiranti scrittori che mi hanno dato l’onore di leggere in anteprima le loro “creature” per sapere cosa ne pensassi, la luce della consapevolezza di aver scritto il capolavoro del secolo.
Ho tirato un bel respiro, conscia di ciò che mi aspettasse da lì a breve, e ho cominciato a centellinarle il mio responso, nel modo più costruttivo possibile:
- Il romanzo ha un bell’incipit che attira l’attenzione del lettore e lo spinge ad andare avanti nella storia (la mia amica era già diventata tutta rossa dall’emozione). Le metafore usate per le descrizioni del paesaggio e degli stati d’animo non sono banali, anzi, alcune sono davvero sorprendenti (la mia amica ora aveva i lati della bocca a metà guancia). I dialoghi, tutto sommato, sono credibili e la scrittura è corretta sia grammaticalmente che sintatticamente… ma…
- Ma? – ha incalzato subito lei, corrugando la fronte pur mantenendo il sorriso di facciata.
- Ma i personaggi sono stereotipati, prevedibili. Ho immaginato già delle prime battute che la donna del palazzo accanto, bella e sensuale, sarebbe stata una mangiatrice di uomini, che la moglie tradita era una brava mamma e una moglie devota, che il disabile in carrozzina soffriva per amore.
Ma ciò che è prevedibile annoia. E quando uno si annoia, abbandona il campo.
- Vuoi dire che ho scritto un libro noioso?
- No, che hai scritto un libro già letto.
Creare un personaggio è un compito molto delicato. Un personaggio cattivo, non è mai del tutto cattivo e un personaggio buono non può sempre essere buono. Sarebbe irreale.
Ognuno di noi è particolare e anche i personaggi delle nostre storie devono esserlo.
Non siamo cartoni animati, siamo uomini, perciò complessi, contraddittori.
È la particolarità di un personaggio che attrae un lettore, e la complessità che induce il personaggio a fare delle scelte che spingono inevitabilmente la trama in avanti fino all’inaspettato finale.
Personaggio prevedibile → trama prevedibile = finale scontato.
Alla mia amica ho quindi consigliato di “mescolare le carte”: trasformare la sensuale vicina di casa in una donna che sta per entrare in convento; la moglie tradita, buona e virtuosa, in un’arpia intollerabile; il disabile in carrozzina in un giovane appagato dalla sua soddisfacente vita di coppia.
- Le scelte dei personaggi saranno quindi diverse, la trama prenderà un’altra strada e il finale potrà sorprenderci!- così le ho detto.
- Ma così dovrei riscrivere tutto da capo!
- Non tutto, ma l’80% sì.
Lei si è alzata, ha finto di essermi grata per averle dato dei consigli e mi ha detto che ci avrebbe pensato su.
So già che non toccherà più il suo romanzo. Non proverà neppure a farne una piccola revisione.
Ma l’umiltà nell’accettare le critiche e l’impegno nella riscrittura sono le qualità che contraddistinguono uno scrittore mediocre da un bravo scrittore.
Io non voglio dimenticarlo mai.
- Ecco, è finito, leggilo. Ma leggilo senza preconcetti. Devi essere obiettiva.
Lo sono sempre, ho detto a me stessa. E lei lo sa bene.
Ho annuito con un sorriso, aggiungendo:
- Lo leggerò con attenzione.
- Prenditi pure il tempo che vuoi, non preoccuparti.
- Quello che basterà… dai, festeggiamo. Non capita tutti i giorni di concludere un romanzo.
- E’ vero! – mi ha risposto tuffandosi in poltrona.
Questo è successo qualche giorno fa e questa mattina l’ho chiamata per restituirle la copia e comunicarle le mie impressioni.
- Allora… allora che mi dici? L’hai letto tutto?
Nei suoi occhi c’era quella strana luce, che ho già visto numerose volte in altri aspiranti scrittori che mi hanno dato l’onore di leggere in anteprima le loro “creature” per sapere cosa ne pensassi, la luce della consapevolezza di aver scritto il capolavoro del secolo.
Ho tirato un bel respiro, conscia di ciò che mi aspettasse da lì a breve, e ho cominciato a centellinarle il mio responso, nel modo più costruttivo possibile:
- Il romanzo ha un bell’incipit che attira l’attenzione del lettore e lo spinge ad andare avanti nella storia (la mia amica era già diventata tutta rossa dall’emozione). Le metafore usate per le descrizioni del paesaggio e degli stati d’animo non sono banali, anzi, alcune sono davvero sorprendenti (la mia amica ora aveva i lati della bocca a metà guancia). I dialoghi, tutto sommato, sono credibili e la scrittura è corretta sia grammaticalmente che sintatticamente… ma…
- Ma? – ha incalzato subito lei, corrugando la fronte pur mantenendo il sorriso di facciata.
- Ma i personaggi sono stereotipati, prevedibili. Ho immaginato già delle prime battute che la donna del palazzo accanto, bella e sensuale, sarebbe stata una mangiatrice di uomini, che la moglie tradita era una brava mamma e una moglie devota, che il disabile in carrozzina soffriva per amore.
Ma ciò che è prevedibile annoia. E quando uno si annoia, abbandona il campo.
- Vuoi dire che ho scritto un libro noioso?
- No, che hai scritto un libro già letto.
Creare un personaggio è un compito molto delicato. Un personaggio cattivo, non è mai del tutto cattivo e un personaggio buono non può sempre essere buono. Sarebbe irreale.
Ognuno di noi è particolare e anche i personaggi delle nostre storie devono esserlo.
Non siamo cartoni animati, siamo uomini, perciò complessi, contraddittori.
È la particolarità di un personaggio che attrae un lettore, e la complessità che induce il personaggio a fare delle scelte che spingono inevitabilmente la trama in avanti fino all’inaspettato finale.
Personaggio prevedibile → trama prevedibile = finale scontato.
Alla mia amica ho quindi consigliato di “mescolare le carte”: trasformare la sensuale vicina di casa in una donna che sta per entrare in convento; la moglie tradita, buona e virtuosa, in un’arpia intollerabile; il disabile in carrozzina in un giovane appagato dalla sua soddisfacente vita di coppia.
- Le scelte dei personaggi saranno quindi diverse, la trama prenderà un’altra strada e il finale potrà sorprenderci!- così le ho detto.
- Ma così dovrei riscrivere tutto da capo!
- Non tutto, ma l’80% sì.
Lei si è alzata, ha finto di essermi grata per averle dato dei consigli e mi ha detto che ci avrebbe pensato su.
So già che non toccherà più il suo romanzo. Non proverà neppure a farne una piccola revisione.
Ma l’umiltà nell’accettare le critiche e l’impegno nella riscrittura sono le qualità che contraddistinguono uno scrittore mediocre da un bravo scrittore.
Io non voglio dimenticarlo mai.
4 commenti:
Manca, cara Sonia, la volontà di sudare sul testo, di limarlo nonchè di rompere schemi consolidati.
Questo perchè si creano dei "personaggi medi", con emozioni medie e prevedibili.
Manca poi L'INTENSITA'.
Piccolo esempio: ci sono tante storie di serial killers, psicopatici ecc. Sono storie che francamente, mi annoiano.
Ma a parte questo, per me nessuna delle storie in questione può reggere sul piano anche della semplice suspence con quel momento in "Delitto e castigo" in cui Raskolnikov uccide l'usuraia e sua sorella.
Questo perchè? Semplice: Dostoevskij viveva i problemi morali con tale serietà (direi lacerante) da trasferire il tutto sulla pagina come se fosse carne viva!
Molti degli attuali scrittori scrivono con lo stampino anche perchè non hanno alcun dilemma etico.
E poi, dài, mai un guizzo di vero umorismo ma battutine; mai invenzioni o sperimentazioni linguistiche ma gergo o prosa pseudo-giornalistica...
Ahi, forse sono stato troppo cattivo. E lungo.
Ciao!
"Concordo pienamente a metà" (come disse quel calciatore un po' di anni fa al suo mister) con te.
I personaggi sono medi, spesso inesistenti, sono fatti di niente o poco perché alle spalle ci sono scrittori senza dilemma etico, proprio come dici tu, e io aggiungerei senza alcun dilemma, punto.
Poi c'è la scrittura tutta uguale: sentita, mangiata, digerita ed... "evacuata". Insomma una scrittura di... (lascio la parola alla tua immaginazione).
Però, però, però... c'è un però, anzi tre: non è sempre colpa degli scrittori, i quali, anche quando hanno voglia di sperimentare e spezzare gli schemi, si ritrovano i NO delle case editrici a sbarrargli la strada e i sogni. Gli editori, il più delle volte, non cercano l'outsider ma uno "sforna-thriller" a comando, capace di far aumentare gli introiti, soprattutto nella stagione estiva (sotto l'ombrellone i gialli vanno che una bellezza).
Allora, che fare?
Dobbiamo vivere profondamente, sentire, toccare le cose con l'anima se vogliamo scrivere qualcosa degno d'essere letto.
E' una raccomandazione che faccio anche a me stessa.
Grazie Riccardo, torna presto.
Sonia
Condivido il tuo "distinguo", Sonia. Molti editori, forse la maggior parte si occupano di libri come si occuperebbero di... ci siamo capiti.
Avremmo bisogno d'editori che si pongano e propongano anche come promotori di cultura (e certo anche come scopritori di nuovi talenti).
A presto!
Magari ce ne fossero, ma non ci sono più gli Einaudi di una volta.
In compenso, qui in locanda si sarà sempre spazio per aspiranti scrittori, scrittori, lettori e "simpatizzanti". Ciao Riccardo, è un piacere conversare con te.
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