Che uno scrittore, o aspirante tale, non possa assolutamente esimersi dal leggere i classici della letteratura mondiale è affare ormai assodato.
Così, tra i romanzi e saggi di ultima uscita affianco sempre dei libri che hanno impresso un segno indelebile nel nostro tempo.
Ho letto quindi alcune settimane fa La linea d'ombra di Joseph Conrad (per chi non lo sapesse, lo scrittore non era inglese ma un nobile polacco nato in Ucraina).
La trama non ha nulla di complicato: un giovane si ritrova in modo del tutto inaspettato a comandare una nave che non ha più il suo capitano e deve condurla in porto. Niente di eclatante accade, tranne il suo travaglio interiore dovuto all'immobilismo quasi soprannaturale, demoniaco direi, della nave e all'epidemia che sta fiaccando uno dopo l'altro i suoi uomini. Ed è proprio in questo coacervo di esaltazione febbricitante per la nuova avventura prima e di sensi di colpa poi, la forza del romanzo. Infatti, nonostante io abbia trovato la prosa di Conrad alquanto ostica e la vita di mare lontana anni luce da me, mi sono sentita comunque (e fortemente) parte di quel vascello e delle sue miserie.
La trama non ha nulla di complicato: un giovane si ritrova in modo del tutto inaspettato a comandare una nave che non ha più il suo capitano e deve condurla in porto. Niente di eclatante accade, tranne il suo travaglio interiore dovuto all'immobilismo quasi soprannaturale, demoniaco direi, della nave e all'epidemia che sta fiaccando uno dopo l'altro i suoi uomini. Ed è proprio in questo coacervo di esaltazione febbricitante per la nuova avventura prima e di sensi di colpa poi, la forza del romanzo. Infatti, nonostante io abbia trovato la prosa di Conrad alquanto ostica e la vita di mare lontana anni luce da me, mi sono sentita comunque (e fortemente) parte di quel vascello e delle sue miserie.
Perché in fondo siamo tutti comandanti di una "nave".
La mia, a volte, si muove troppo lentamente per via del "vento" che non spira quanto dovrebbe, con i miei sensi di colpa per ciò che dovrei (o avrei dovuto) fare per condurla al porto senza troppi danni.
Ma ciò che più conta, come il romanzo stesso suggerisce, è che alla fine si trovi sempre il coraggio di rimettersi in viaggio.
Ma ciò che più conta, come il romanzo stesso suggerisce, è che alla fine si trovi sempre il coraggio di rimettersi in viaggio.
Io l'ho fatto, e voi?
8 commenti:
Beh, per quanto riguarda me si. Ma il tuo post mi ricorda che sto trascurando il mi sogno.. non scrivo da tanto e ho fatto passare avanti al romanzo molto, molto altro...
I classici son fondamentali per me.
Anche se annovero fra i classici letteratura non ancora accolta dall'Accademia universitaria.
Io talvolta mi lascio alla deriva, in balìa del vento, per poi riprendere il controllo, e poi alla deriva di nuovo...non sono un buon capitano.
Se l'ho fatto! La mia più che una nave è stata - un guscio di noce- e condurla al porto è sempre stata una impresa.Con tanta volontà, più che per perizia, fin quì ci sono riuscito. Certo, per scrivere,avere letto molto i classici è fondamentale, poi il più lo fà la minuziosa conoscenza del mondo spicciolo,specie per la narrativa, che ti aiuta a fare partecipe chi legge, della trama e dei dialoghi.
PECCATO CHE PASSIAMO DEL TEMPO SU QUESTO -AGGEGGIO-compiuter,e leggiamo meno.
Per Occhi di Notte:
so dai tuoi post che è così, ti sei sempre rimessa in viaggio.
Sai, anch'io considero classici certi romanzi che l'Università non contempla... ed è meglio così, altrimenti con molte probabilità li avrei odiati.
Per Iride Libera:
non crucciarti se pensi di non essere un buon capitano... anch'io per molti anni sono stata un pessimo comandante, avendo persino l'angoscia di levare l'àncora. Poi si supera e anche tu non andrai più alla deriva o... almeno solo per brevi periodi.
Per Maresco: la volontà nella vita, più che la perizia, ci aiuta a condurre in porto la nostra nave.
Tu lo affermi e lo dimostri.
Che dire di Internet? E'uno strumento importante e per me molto utile, ma niente può sostituire la lettura di un buon libro, vivere mille vite e capire sé stessi attraverso i protagonisti delle storie.
Vai Maresco: abbandonati alla lettura e sogna!
Ciao, io sono un marinaio, nel senso che appena posso mi fiondo su una barca a vela e lago o mare che sia veleggio. E sono state proprio le vele che mi hanno insegnato che si può navigare anche con venti contrari, basta regolarle con un pò di pazienza e istinto. E se il vento cala e la bonaccia incombe e ti ti specchi nell'acqua? Allora te ne stai calmino e tranquillo tanto per un pò il mondo può fare a meno di te, poi mai farsi mancare un pò di vino buono, cibo buono (ah, la cambusa) e amici.E se c'è tempesta? E vediamo se me la scampo anchestavolta! Ciao
Bartel (pietraluce.blogspot.com)
Benvenuto Bartel e grazie per aver condiviso la tua esperienza! Piacerebbe tanto anche a me veleggiare ma... soffro di mal di mare. Che dici, sono un caso disperato?
;-)
Grazie del benvenuto Sonia. No, non sei un caso disperato, a volte la forza del desiderio"spegne" le noste resistenze (se ci pensio ilmal di mare potrebbe essere interpretato come una tua profondissima resistenza a prendere il largo...). Oh Dio psicanalisi al mattino!!! Aiuto. Ciao
PS a parte gli scherzi il tuo blog è molto piacevole.
B
Potrebbe essere, Bartel (vai pure con la psicanalisi)!
P:S: Grazie per il complimento!
Buona giornata e a presto.
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