Ebbene sì, detto - fatto. L’ho preso e l’ho sbocconcellato con goduria in pochi giorni, trovandolo anche più accattivante de I segreti di Londra, sì, perché paragonata alla lunga e ricca tradizione di Londra, la città di NY è pressappoco una neonata da svezzare e il processo di immedesimazione con gli uomini (spesso personaggi) che hanno fatto di lei ciò che è, nel bene e nel male, è immediato ed empatico.
Questo saggio ha il sapore delle foto ingiallite delle nostre nonne e bisnonne, dei volti in bianco e nero carichi di speranza prima di imbarcarsi per la “terra promessa”, sa di valigie chiuse con lo spago che anch’io ho avuto modo di vedere da piccola (retaggio di un passato ancora più recente), sa di quel divismo hollywoodiano che ormai non esiste più perché soppiantato dai corpi nudi in mostra un tanto al chilo e dalla onnipresente realtà virtuale, sa di un tempo in cui la pittura poteva ancora serbare il sentore della scoperta, del nuovo che abbaglia e porta alla perdizione, ha il sapore dello swing che dalle bettole fumose si trasferisce ai piani alti della musica “che conta”.
Sa di sogno.
Così, se mai ci andrò un giorno, non voglio più arrivare sull’isola a bordo di un aereo, ma avvicinarmici pian piano, come fecero i miei zii prima che io nascessi (e lo stesso Augias) a bordo di una nave.
Voglio andarle incontro, catturata dalla potenza simbolica della Statua della Libertà e da quello skyline che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha sognato di poter sfiorare con le dita protese all’orizzonte.
Questo saggio ha il sapore delle foto ingiallite delle nostre nonne e bisnonne, dei volti in bianco e nero carichi di speranza prima di imbarcarsi per la “terra promessa”, sa di valigie chiuse con lo spago che anch’io ho avuto modo di vedere da piccola (retaggio di un passato ancora più recente), sa di quel divismo hollywoodiano che ormai non esiste più perché soppiantato dai corpi nudi in mostra un tanto al chilo e dalla onnipresente realtà virtuale, sa di un tempo in cui la pittura poteva ancora serbare il sentore della scoperta, del nuovo che abbaglia e porta alla perdizione, ha il sapore dello swing che dalle bettole fumose si trasferisce ai piani alti della musica “che conta”.
Sa di sogno.
Così, se mai ci andrò un giorno, non voglio più arrivare sull’isola a bordo di un aereo, ma avvicinarmici pian piano, come fecero i miei zii prima che io nascessi (e lo stesso Augias) a bordo di una nave.
Voglio andarle incontro, catturata dalla potenza simbolica della Statua della Libertà e da quello skyline che ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha sognato di poter sfiorare con le dita protese all’orizzonte.
2 commenti:
Un'altra bellissima recensione... sono indecisa, ma forse mi attira di più il libro che parla di Londra ;^)
Anch'io sto leggendo tantissimo in questo periodo... finisco un libro ed incomincio un altro... quasi tutti Scozzesi... dovrei scrivere anch'io un pò di recensioni sul blog...
Un abbraccione cara
P.s. Hai una tua pagina su Anobii?
Cara Mariabei, grazie, ma davvero questo saggio merita, e io te li consiglio entrambi e poi mi saprai dire.
Sì, a me piacerebbe molto che tu scrivessi recensioni di libri scozzesi, ma senza svelare la trama nei dettagli o il finale, altrimenti... ;-)
Non ho una vetrina su Anobii... non ci ho mai pensato. Ma chissà che non ci pensi.
Un abbraccio forte!
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