Dialoghi: quando, come, perchéAlcuni scrittori ritengono che le descrizioni accuratissime e i virtuosismi lessicali e sintattici possono da soli reggere la struttura di una storia.
Non è così. Molto spesso annoiano persino i lettori più incalliti, e tendono a bloccare l'evoluzione della trama.
I dialoghi ben fatti, invece, mostrano nel modo più diretto l'interazione tra i personaggi e, conseguentemente, il crescendo di una storia.
Per scelte stilistiche siete liberissimi di adoperare esclusivamente la narrazione in senso stretto o frastornare il lettore con dialoghi a tutta pagina e “a tutto libro”, ma narrazione e dialogo devono essere bilanciati se vogliamo tenere il lettore avvinto alla storia.
Come può uno scrittore riconoscere i momenti giusti per inserire i dialoghi?
Dunque, il dialogo attira su di sé l'attenzione del lettore per cui, se lo si usa, occorre che la scena sia significativa per lo sviluppo della trama e dei personaggi.
Un dialogo di sette pagine sulle pratiche evase in ufficio, quindi, non è esattamente la giusta mossa da fare per uno scrittore che si rispetti!
Non aggiunge nulla né alla trama né ai personaggi.
È perfettamente inutile, totalmente privo di significato.
L'effetto cha avrà sul lettore sarà uno solo (e al cubo): noia, noia, noia.
Es.
- Stamattina mi sono alzato, ho preso il caffè e poi ho fatto la doccia con l'acqua calda. Il bagnoschiuma che ho usato è quello al sandalo che ho preso al supermercato.
- Ha una buona profumazione?
- Sì, mi piace moltissimo. Tu che bagnoschiuma hai usato stamattina?
- Alla magnolia.- Ti piace?
- Così così... è meglio la schiuma da barba alla magnolia.
- In gel o spuma?
Questo dialogo potrebbe andare avanti ad oltranza ma, anche dopo queste poche battute, sarà già un miracolo se il manoscritto non sia stato ancora incenerito dal malcapitato lettore di turno.
IL DIALOGO DEVE AVERE UN SENSO, DEVE STIGMATIZZARE UN MOMENTO, DEVE PORTARE AVANTI LA TRAMA, DEVE SVELARE I PERSONAGGI E LE RELAZIONI CHE INTERCORRONO FRA LORO.
Dialoghi finti
Ammesso che non abbiate scelto la clausura come stile di vita, ogni giorno vi trovate a conversare con chiunque su qualunque argomento, perciò dovrebbe essere semplice creare dei dialoghi.
Purtroppo, per quanto possa sembrare impossibile, scrivere dialoghi verosimili ed efficaci è un'impresa alquanto ardua.
Chi si è già cimentato nella stesura di una storia sa perfettamente quanto i dialoghi, per svariati motivi, possano risultare “stonati”.
L'inesperienza, la superficialità, la scarsa osservazione, il mancato studio del personaggio possono dar vita a due grossissimi inconvenienti:
1) l'appiattimento del linguaggio dei personaggi
2) l'incoerenza del dialogo per sovraffollamento d'informazioni.
Mi spiego meglio.
1) Prestate attenzione alle parole del vostro collega di lavoro. Se lo farete vi renderete subito conto di quanto il suo modo di parlare differisca dal vostro. Ognuno di noi ha un preciso intercalare -fateci caso- dovuto ad appartenenze regionali o a scelte inconsce del tutto personali.
Una mia amica siciliana infarcisce qualunque discorso di "possibilmente", un amico bergamasco di "pota" e amici della provincia di Parma, per dissentire da qualcosa, buttano là un bel "secon' tì!".
Gli adolescenti adottano ancora i cari vecchi "cioè" e "niente" di imperitura memoria e, per quanto mi riguarda, uso con frequenza sconcertante l'avverbio praticamente, ma sto lavorando per confinarlo definitivamente nel “limbo delle parole inutili”.
Quando pensate ai dialoghi del vostro personaggio, perciò, non preoccupatevi esclusivamente dei contenuti e dell'incastro ideale nella narrazione. Lavorate anche sulla forma linguistica da adottare per veicolare le informazioni.
Ricordate: il linguaggio di un personaggio è strettamente correlato alla sua personalità, educazione, istruzione, provenienza territoriale.
2) L'altro errore frequente per un neofita della scrittura è quello di voler dire tutto e subito di un personaggio.
Un romanzo non è una gara dei 100 metri, ma una maratona che punta dritta al traguardo con “rimonte” improvvise.
Es.
- Ciao Filippo, com'è andata in ufficio? Il tuo capo Stefano ti ha dato delle rogne, visto che è così nervoso per il tradimento di sua moglie?
- No, lui no, Marcella. In compenso il mio collega Giovanni mi ha sfinito all'inverosimile con i suoi problemi d'ernia. A te com'è andata la giornata qui a casa? Nostro figlio Marco si è preparato bene per il compito in classe di questa mattina?
Questo dialogo è a dir poco penoso. Di solito quando due coniugi si rivedono a distanza di poche ore, è alquanto improbabile che si chiamino per nome o che rimarchino informazioni note ad entrambi.
Come ho avuto già modo di accennare precedentemente, centellinate le informazioni e lasciate che i silenzi, i gesti, le azioni diano le informazioni di cui il lettore ha bisogno.
Vediamo come possiamo rendere accettabile il dialogo precedente:
Es.
- Ciao.
Filippo si sfilò il cappotto e lo lanciò sul divano.
- Non mi dire che hai litigato col tuo capo!
- Macché... è Giovanni! M'ha proprio scassato, non ne posso più!
- Ce l'ha ancora con l'ernia?
- Appunto! L'ernia, sempre l'ernia: non può fare sforzi. E io devo lavorare al posto suo! Lasciamo stare... Tu che hai fatto? ...Marco?
Marcella continuò a lavare l'insalata, poi aggiunse:
- Se continua così lo bocciano.
- Non era oggi il compito in classe?
- Eh! ...Speriamo bene.
In questo esempio il dialogo, le azioni e il silenzio di lei alla domanda "...tu che hai fatto?" rivelano, con brevi tratti, non soltanto le personalità dei personaggi, la figura del collega e il figlio della coppia, ma anche le dinamiche familiari e lavorative.
Aderenza alla realtà o linguaggio forbito?
Nei secoli passati il linguaggio della narrativa era aulico – pensate a Cime Temepestose di Emily Brönte, Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen, I dolori del giovane Werther di J.W. Goethe - poi la narrativa si è avvicinata alla realtà, al linguaggio del quotidiano, agli “slang” - La ragazza di Bube di Carlo Cassola, Il giovane Holden di J.D. Salinger, Tre metri sopra il cielo di Federico Moccia, ecc. - e oggi nessun editore pubblicherebbe più un romanzo dai dialoghi classicheggianti, perché risulterebbero del tutto innaturali.
Attenzione, però!
Lo scrittore, per aderire al linguaggio del quotidiano, può lasciare i cliché, le frasi trite e i commenti scontati in bocca ai personaggi ma deve, nel modo più assoluto, sfuggire la banalità e la sciatteria linguistica nella narrazione.
Una cosa però occorre precisare: se è vero che la narrativa di oggi richiede dialoghi attinti dalla realtà, è altrettanto vero che non possiamo essere del tutto realistici. Pensate a una conversazione del tipo:
- Mi hai chiamato tu?
- Che?
- Mi hai chiamato tu al cell ?
- No, perché?
- Ho trovato una chiamata persa.
- Col mio numero?
- No, era riservato.
- Ah...
- Sennò non te lo chiedevo! ...Chissà chi era. Secondo te?
- Boh!
- Mah...
Come potete notare, questo dialogo è troppo aderente alla realtà.
Dobbiamo raggiungere un compromesso: evitare i passaggi privi di significato e dare maggiori informazioni.
In ogni caso, provate ad ascoltare chi vi circonda e prendete nota delle conversazioni. Vi aiuterà moltissimo quando dovrete cimentarvi con dei dialoghi.
Il sottotesto
Proprio come accade nella realtà, anche nei romanzi i dialoghi non sono l'espressione autentica dei nostri pensieri.
Spesso nascondono insulti, approcci di seduzione, velate macchinazioni. Ciò costituisce il sottotesto.
Es.
Le foglie frusciavano appena nell'afa del tardo pomeriggio. Si lasciò cadere sull'erba brulicante di formiche, e aspettò di vederla risalire la collina. La gonna alzata su un fianco e i piedi nudi.
- Che fai qui?
Giacomo si voltò di scatto.
- La collina è di tutti. - rispose.
- La collina, sì - rispose Federico.
- Mi fai compagnia?
- Con piacere. Da qui c'è una bella visuale. Se passa Maria la vedrò di sicuro. Stasera cena a casa mia.
Riuscite a percepire il sottotesto?
La tensione fra i due è palpabile, ma entrambi si sforzano di tenere a bada la gelosia e la rabbia. Giacomo desidera Maria, ma Maria è la ragazza di Federico che non può essere condivisa... la collina, sì. Federico non attacca direttamente Giacomo ma, con indifferenza “marca il territorio”, aggiungendo ciò che Giacomo non ha richiesto di sapere... stasera Maria cena a casa sua.
Uno scrittore abile deve saper utilizzare questo strumento per accentuare la tensione e, conseguentemente, l'attenzione del lettore. Lo scopo è sempre quello.
ESERCIZIO 9
Immagina una madre e sua figlia. Caratterizza i personaggi.
La madre sospetta che sua figlia sia incinta.
Crea una conversazione incentrata su argomenti futili ma che faccia trasparire il sottotesto: la madre non dovrà mai parlare direttamente o indirettamente delle gravidanze inaspettate, e i pensieri dei personaggi non dovranno essere in alcun modo palesati al lettore.
Prima di darvi appuntamento all'ottava lezione, due ultime raccomandazioni.
Primo, non confondete il vostro romanzo per un pulpito da prediche domenicali o comizi elettorali, soprattutto se il vostro personaggio è intento a svolgere un'attività più divertente. Chiaramente non vi è preclusa la possibilità di dire la vostra: filtrate le vostre opinioni attraverso i personaggi, nei tempi e nei modi più consoni.
Secondo, non abusate delle parolacce. Potreste risultare sgraziati e beceri.
E ora al lavoro: scrivete!