Ho avuto modo di riflettere parecchio in questi ultimi giorni, non perché ne avessi il tempo ma per "inevitabilità". Mi è accaduta una cosa, una piccola cosa in verità, e questa ha risvegliato in me un guazzabuglio di emozioni negative. In un istante ho visto tutti i miei sforzi vanificati, tutte le mie speranze dissolte, tutte le certezze (poche) implose e collassate. Così, mi sono seduta sulle macerie a compatire la mia inutilità e i miei incommensurabili limiti; neppure la notte e il sonno sono riusciti ad allontanarli.
Ma poi, tra una caduta e l'altra, tra un pianto e uno sproloquio, una resa e una ripresa ho capito, ho capito che non era l'evento in sé ad essere grave, ma la percezione del tutto erronea che ne avevo: gli insuccessi, la fatica, le paure, gli obiettivi non raggiunti, il mio sentirmi inadeguata in ogni fase della mia vita, questi mi avevano messa a terra! Con quell'evento, il passato (sempre molto vicino) ritornava con supponenza e mi urlava contro: "NON VALI NIENTE, NON SEI NIENTE!".
E allora? Allora c'è che mi sono rotta, e rotta di brutto (non userò parolacce in questa sede, ma sappiate che nell'occasione ne ho fatto sufficiente uso). Da oggi in poi, qualunque cosa potrà accadere nonostante i miei sforzi e il mio lavoro non scalfirà in alcun modo il mio valore, non apporterà più alcuna conseguenza negativa alla mia vita quotidiana, né comprometterà il mio futuro; e, nel caso specifico, comunque andrà questa avventura, alla fine del percorso avrò acquisito un bagaglio di conoscenze impensabili solo tre mesi fa: so io quanto ho imparato, quante porte ho abbattuto, quanta sicurezza in più ho messo in valigia.
La società, che fa sentire inadeguato chi non è perfetto, è il vero problema e io non cadrò più nella sua trappola.
Niente e nessuno potrà più mettersi tra me e i miei sogni, tra la mia realizzazione e la felicità.